Melosfere
Tuo marito lo beve, tre giorni e poi muore. Quello che avanza conservalo per lavare i capelli, non si deve sprecare il miracolo.
Storia
Atto unico dallo spettacolo Accadde in Sicilia.
Ambientata a Palermo nel 1600, è la storia vera della cosiddetta “vecchia dell’aceto”, una donna che usava l’arsenico per liberare altre donne da mariti imposti.
Compagnia Quartucci- Tatò, leggendaria, insuperabile, quanto imprevedibile nella programmazione dello spettacolo
Il libro
Testo teatrale.
Edizioni Antonio Pellegrini, reperibile solo online presso librerie specializzate.
In Sicilia è molto nota la storia della cosiddetta “vecchia dell’aceto”, una donna vissuta a Palermo nel 1700 che aveva scoperto casualmente le meravigliose virtù dell’arsenico finalizzate al delitto perfetto.
La vecchia vende “l’aceto miracoloso” a tutti coloro che ne fanno richiesta, donne specialmente, che vedono nel delitto l’unico mezzo di promozione sociale.
Melosfere… elementi sonori… chiacchiere apparentemente annoiate e indifferenti, che coprono con un manto impenetrabile una lunga catena di omicidi, un potere femminile al negativo che libera la propria aggressività in un contesto che la povertà e la disperazione rendono privo di regole.
Personaggi
Il coro – donna 1, donna 2, donna 3
Anna Maria
La vecchia dell’aceto
Voce fuori campo – Signor capitano di giustizia, sono Maria Costanzo,faccio la venditrice di vino qui a Palermo, nella contrada dell’Olivuzza. Denuncio la morte di mio figlio Francesco, ammazzato da sua moglie Anna Maria con una fattura a morte.
Coro – Santa Crucidda vi vegn’a vidiri
china di sangu vi trov’allagata
cu fu chidd’omu chi vinni a muriri?
Fu Gesù Cristu c’appi’a lanciata
Scena: una veglia funebre
Coro – (voce molto acuta) Avemariagratiaplenadominustecum
benedictatuinmulieribus… (piano) Che fai? Dormi?
Anna Maria – Troppo caldo. Non respiro.
Donna 1 – È un’impressione. Sta’ su!
Anna Maria – Non posso. Svengo.
Donna 2 – Tra poco rinfresca.
Anna Maria – Quando ?
Donna 3 – Al tramonto.
Anna Maria – Chi lo dice?
Donna 1 – Si alza il vento.
Anna Maria – Non si alza.
Coro – Sanctarnariamaterdei…
Anna Maria – Un caldo così non si è mai sentito..
Donna 1 – É un’impressione.
Anna Maria – Che?
Donna 1 – Niente.
Anna Maria – Anche la mia rosa si è seccata.
Donna 2 – Quale rosa?
Anna Maria – Quella sul balcone.
Donna 3 – Tu non hai un balcone.
Anna Maria – Credi di sapere tutto .!
Donna 2 – E neanche una rosa.
Anna Maria – Ora no, si è seccata.
Donna 1 – Su, favorite, comare, senza complimenti. Un po’ di limonata?
Anna Maria – Grazie, no.
Donna 2 – Si rischia una congestione.
Anna Maria – Come il povero Francesco.
Donna 3 – Che disgrazia !
Anna Maria – Lodato sempre sia…
Coro – Il santissimo nome di Gesù di Giuseppe e di Maria.
Anna Maria – Chi l’avrebbe detto…
Donna 1 – Un uomo così sano…
Anna Maria – Bianco e rosso.
Donna 2 – Lo vedevo sempre a Borgo a mangiare come un lupo.
Anna Maria – E adesso eccolo qui.
Donna 3 – (sospiro) Cosa siamo…
Anna Maria – Un soffio di vento.
Donna 1 – Una goccia di mare.
Anna Maria – Niente.
Donna 2 – Guarda… sta ridendo.
Anna Maria – I morti non ridono.
Donna 2 – Sorridono ?
Anna Maria – Digrignano.
Donna 1 – Si abbandonano…
Anna Maria – Finito di soffrire.
Donna 1 – Finito di ridere.
Donna 3 – Anna Maria, tuo marito è in cielo. ,.
Donna 1 – Ti benedice.
Donna 2 – Ti protegge.
Donna 3 – Ti sostiene.
Donna 1 – Ti ha lasciato denari ?
Anna Maria – (parla velocemente. quasi legando le parole in una nenia convulsa) Da quando ho conosciuto Francesco… insomma… fin dall’inizio di questa storia… perché di sicuro un inizio deve esserci stato… magari al momento neppure mi accorsi di quello che stava accadendo, non diedi il giusto peso agli avvenimenti, come succede quando si è giovani e anche quando non si è giovani, non sempre si riesce a pensare con calma a quello che va fatto per la nostra felicità, oppure ci si può pensare per un tempo illimitato fino a restarne disgustati, accettando tutto quello che viene pur di farla finita… forse per questo rimasi immobile e non corsi a nascondermi in fondo a un burrone… come sarebbe stato naturale… appena Francesco mi comunicò le sue intenzioni… rimasi lì a guardarlo… per niente rassegnata. ..la rassegnazione non fa parte di me, pure se riconosco che è una bellissima virtù, ma il carattere uno non se lo può cambiare, anche ad averne voglia, il che è molto difficile… meglio così, tutto sommato. ..perciò rimasi immobile e non rassegnata, solo molto stanca, consapevole che niente poteva essermi più estraneo e odioso della sua vicinanza… no, non è esatto, a pensarci bene la sua pelle viscida sul mio corpo delicato, il suo fiato schifoso sui miei capelli di seta… si, credo che potevano essere sopportabili se paragonati al puzzo di morte che emanava sua madre… sembrava come se da un cadavere decomposto ne fosse uscito un altro più vitale ma della stessa sostanza del primo. Ed io ero così bella, bionda, luminosa… mangiavo poco e con garbo, un boccone, un sorriso, e poi un altro senza fretta, come a Corte… sapevo ballare… tre passi dal lato della panca, tre passi dal lato del letto, tre passi dal lato del comò… e poi daccapo… tre .passi… tre passi… tre… di nuovo… ma nessun principe veniva alIa mia porta e nessun notabile mi chiese…e nessun mercante mi volle in sposa… la mia bellezza era nascosta tra i vicoli di questa città… la mia voce leggera perduta nei silenzi senza luce né aria né sogni… (pausa) Venne a cantare sotto la finestra, così mi sembra, anche se non riesco a credere che potesse avere una voce, quel tipo di voce, voglio dire, che dalla strada può salire fino a una finestra, da ascoltare senza tremare di paura… cantava nel buio più profondo, dagli abissi infernali… e io non potevo vederlo, solo immaginarlo, bello e biondo, sposo gentile, fratello atteso e sognato, vieni, sali fino a me…
E lui si arrampicò sul muro come uno scorpione… con gli occhi rossi e la bocca aperta… mi trascinò via fino alIa tana in fondo alla strada e sua madre sprangò la porta. Sapevo ballare e mangiare con garbo, un boccone e un sorriso e di nuovo un boccone, ma fui rapita nel buio della notte e trascinata via, nel regno del tormento… tre passi dalla panca… tre passi dal comò…
Vai giù, Anna Maria, giù nella morte, giù nel silenzio, giù nella bava infinita… non c’e limite a quello che si può sopportare… cosi dicono… sarà anche vero… per chi ama questo tipo di svago…noioso alla lunga… non fa per me… io non mi rassegno e nemmeno sopporto… un brutto carattere, lo so… me lo disse qualcuno…un brutto carattere… ma ha i suoi vantaggi, perché ho vissuto nella più assoluta delizia, immobile, al buio, mai un gesto, uno sguardo, qualche volta aprivo gli occhi, qualche volta li chiudevo… così… a capriccio… in modo del tutto imprevedibile… molto bello, mi piaceva, aveva un suo ritmo interno… che solo io potevo percepire…una musica lontana… irraggiungibile. Sua madre stava a guardarmi, appoggiata al camino, togliendo ogni tanto i detriti… mucchi di spazzatura dei quali non riuscivo a spiegarmi la provenienza, visto che Francesco sua madre ed io… visto che noi tre non potevamo consumare niente… nemmeno le parole… negate… perdute…serrate per sempre. E alIa fine lui mi dimenticò… rimase sua madre a fissarmi senza più I’entusiasmo dei primi anni, s’intende…ogni giorno più lenta… più ottusa… più fredda… più stretta… indistinta… si addormentò in piedi… appoggiata al camino. Forse.
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Spettacoli
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Roma, Sala della Protomoteca in Campidoglio