Baby blues
Ciao Siri, disse lui, sono tuo zio.
E’ un po’ che ti guardo…
Storia
Monologo.
Un testo breve in chiave surreale sulle cause della prostituzione delle bambine in Tailandia.
Premi
Premio Europeo di drammaturgia Tragos,2019
Il libro
Testo teatrale.
Personaggi
Siri – una giovanissima donna asiatica
La scena è al buio.
Musica: mantra buddista “Om mani padme hum” nella versione cantata dal Ralf Illenberger o qualsiasi altra che possa creare un clima di tristezza e nostalgia. Il canto sfuma mentre sale una voce fuori campo, rauca e sguaiata. Il canto del mantra e la voce si alternano, si sovrappongono, come due aspetti della stessa realtà.
Vfc – Come on, sir, entra nella casa dell’amore
cibo buono letti puliti
una bambina da comprare
costa poco…è fresca, bella, sana
vieni dentro a prenderla, signore
lei desidera il maschio bianco, lo servirà come un dio,
sarà vostra schiava per tutto il tempo che vi piacerà
e vi farà scoprire il calore della Thailandia..
entra signore, come on come on….
La scena si illumina. Siri, al centro, accende un bastoncino di incenso e si prostra davanti alla statua immaginaria di un dio. Vicino a lei un frigorifero aperto, vuoto. A terra delle strisce di carta su cui ha scritto presumibilmente la sua storia e che nel corso del monologo controlla e attacca alle pareti interne del frigorifero.
Siri – Ieri è passato. Anche l’altro ieri è passato. Oggi … ci vorrà tempo.
Qua dentro ad aspettare che il debito si estingua. Quale debito?
Il mio? Quello di mia madre? Non c’è risposta.
E’ un carnefice paziente, imprevedibile,
qualche volta aumenta, qualche volta diminuisce, non riesci a stargli dietro..
(prende una striscia di carta, la controlla)
Ho calcolato con precisione tutto.
Luce e buio. Un giorno.
Ogni singolo momento, ogni variazione
Luce e buio. Due giorni.
Buio e buio. Si sente la pioggia. Forse tre giorni.
(con voce meccanica) Sì, stiamo bene insieme, non è così?
Stiamo bene come due fidanzati,
torno domani, sì torna, non tornare mai più.
Che tu possa morire!
Che dici serva?? Non dico, no.
Non parlo. Credo di non parlare.
E’ solo un pensiero. Come ha fatto a uscire dalla testa?
Dieci volte buio e luce. Mille volte?
All’improvviso tutto si è spento, inghiottito da quell’acqua
di bava e di sputi, di sangue e liquami.
Dentro e fuori di me.
Ho perso il conto, a un certo punto l’ho perso.
Come stiamo bene,
non è così, che dici?
Stiamo bene eccome
torno domani torno stasera non tornare.
Che dici ? Ti ammazzo.
La memoria è dissolta in frammenti che non riconosco,
una scia di luce, come la mia lanterna di notte sul fiume…
(resta assorta, scorre le strisce di carta)
Il fiume… il grande fiume
e bambini a mucchi…non c’era padre né madre,
né zii né cugini, nessuna famiglia,
soltanto noi che pescavamo gamberi nell’acqua,
saltando come gli uccelli, tanto eravamo leggeri.
Sul fiume, davanti a casa mia, dimenticata da tutti,
così credevo, e mi sentivo al sicuro. Lunghi giorni davanti a me
tutti uguali, senza dolore e senza felicità, per sempre bambina.
All’improvviso accadde.
Ciao Siri, disse lui, oscurando la luce.
Sono tuo zio. E’ un po’ che ti guardo,
dall’alba al tramonto sul fiume a pescare gamberi
mentre tua madre ha bisogno di tutto.
Zio quando zio come…non l’avevo mai visto
eppure sapeva molte cose di me.
Mia madre non aveva bisogno di niente
le bastavano i gamberi che pescavo,
poteva mangiare e pagare le tasse. Che altro serviva?
Non puoi startene qui a far finta di vivere
e avere la coscienza pulita. E’ un po’ che ti osservo.
Neanche ti giri a guardare la tua casa,
devi onorare chi ti ha dato la vita.
Quale dono è più grande di questo? E tu cosa fai in cambio?
Non ti importa se la famiglia va in rovina.
Mi sono girata e ho visto mia madre che sorrideva dietro la finestra.
Forse a me per la prima volta, o a mio zio.
Quando tutto sta per cambiare…
come si può dire a chi erano diretti sguardi e sorrisi
tagliavano l’aria come lame lucenti.. tutto
correva veloce e niente si poteva più paragonare
a quello che ero stata e avevo visto fino a quel momento.
Anche i gamberi nel cesto smisero di contorcersi e si arresero alla morte.
Mia sorella era scomparsa , forse qualcuno le aveva detto
quelle stesse parole e lei era scomparsa, la mia cara sorella…
Tutto il giorno nel fiume mentre la tua famiglia…tua madre…
Lo capisci? Mi puoi capire? Mi ascolti?
Tutto il tempo a non fare niente e se viene qualcuno a vederti
ti nascondi come un animale notturno.
Anche se qualcuno volesse farti un complimento, prenderti in moglie,
non potrebbe, perché non conosci le buone maniere.
Sei un peso morto, un carico inutile.
Tua sorella…dovresti prenderla come esempio…fare come lei.
Come fa lei? Chiesi a mio zio.
Brava, buona bambina, disse lui,
ti lasci guidare da chi è più esperto di te..
Lo sapevo che saresti stata ragionevole.
Vieni qui, avvicinati.
Quando è partita aveva un vestito nuovo
e una borsa leggera. Le sono andata incontro…
ma lei ha alzato una mano per fermarmi
non voleva che mi avvicinassi. Fece qualche passo indietro
sempre con la mano alzata e poi se ne andò in fretta,
come se avesse in mente qualcosa
che non poteva essere rivelato. La chiamai,
ma era già scomparsa. Che potevo fare?
Alla fine tornerà, mi dissi, oppure non tornerà.
Con quel suo carattere chiuso, praticamente muta,
tornerà di sicuro. Non era abituata a stare sola
non sapeva parlare, ma così bella che nessuno ci faceva caso.
Quando partì tutto il villaggio uscì
a congratularsi con mia madre. Ridevano come fosse una festa.
Dov’è andata, chiesi a mia madre.
Non importa, disse lei, dio la protegge e va tutto bene.
Abbiamo proprio bisogno di un televisore
tutti qui ne hanno uno, tranne noi.
Non è un onore avere figli che stanno tutto il giorno
a perdere tempo e non aiutano la famiglia.
Pescare o stare in risaia non serve
bisogna aprire un bar in città
un locale per divertire i turisti
un chiosco per farli mangiare…
qualsiasi cosa porti molti baht per la famiglia
Ci vuole un po’ di sacrificio, forza d’animo,
non sono io che devo dirvi cosa c’è da fare.
Se fossi giovane lo farei io stessa
non starei a implorarvi per un televisore
che tutti hanno, tranne noi.
Nessuno arriverà qui a salvarci e i giorni passano
senza che niente di buono accada.
Vi piegate sull’acqua pensando che basti mangiare per vivere,
tutto il giorno piegate in due con quell’aria di importanza
e nemmeno vi chiedete se io sia felice.
E’ felice tua madre? No, non lo è.
Eppure da quando mia sorella era partita, lei rideva spesso
con quelli del villaggio, felice o non felice non potevo capirlo
forse più felice..rispetto a prima…rispetto a quando…
non so,più felice e basta.
Ogni giorno accendeva un bastoncino di incenso
al Buddha della prosperità
lei che non è mai stata devota, si prostrava come i monaci
e poi si sedeva sulla strada ad aspettare la fine della sofferenza.
Mangiava quello che le portavo,
riso e gamberetti…mangiava ad occhi chiusi
per non interrompere la preghiera.
E alla fine il suo desiderio fu esaudito
Mio zio…(riflette) un altro? non ricordo..le portò un televisore
così grande come non se ne erano mai visti,
nemmeno passava dalla porta,
dovettero aprire il tetto e calarlo da lì.
Mia sorella doveva essere diventata molto ricca
per comprare quel regalo meraviglioso.
Mia madre fece una festa, con carne, pesce e dolci di tapioca.
La gente riempì tutta casa e arrivò dai villaggi vicini,
facevano la fila per guardare il televisore e si complimentavano con lei.
Mia sorella non era ancora tornata, ma nessuno se ne accorse.
Chi parla poco è presto dimenticato
e lei era quasi muta
perciò nessuno pensò a dirle grazie.
Grazie a chi? Disse mia madre. A niente e nessuno.
Per una madre si fa, lo sanno tutti.
Questo e altro per chi ti ha dato la vita,
è un dovere, non pensiamoci più.
Si mise davanti al televisore giorno e notte,
molto felice, onorata dai vicini che venivano a trovarla
portando fiori, carne, pesce e birra. Mangiarono e bevvero
intorno a un televisore spento, che nessuno mai accendeva,
perché non si sapeva come fare,
e comunque spento o acceso non faceva differenza.
Qualcuno ci vomitò sopra e fu molto divertente
Ma alla fine si stancarono di quel gioco e nessuno venne più.
Da un giorno all’altro la nostra casa si svuotò
restarono solo avanzi di cibo e fiori appassiti.
(attacca con cura le strisce di carta all’interno del frigorifero)
Non posso più starmene qui seduta, lei disse.
La solitudine mi ucciderà.
Ecco cosa deve aspettarsi una madre che dà la vita…
Se almeno avessi un telefono per parlare con i miei vicini…
Tutti nel villaggio ne hanno almeno uno
noi siamo sempre gli ultimi.
Parlano notte e giorno e si mandano foto,
Io esclusa da tutto, nessuno pensa a me.
Voglio morire, questa casa sarà la mia tomba.
Si mise a dormire su una stuoia appesa agli alberi,
dondolava al vento, quanto c’era vento,
quando il vento non c’era, a turno la dondolavano i bambini del fiume.
Dormiva e sognava tutto quello che le mancava per essere felice.
Mia sorella doveva aver fatto una grande fortuna,
perchè cominciarono a scaricare pacchi ogni giorno
davanti alla nostra casa.
Telefoni, tende, bambole, piatti, computer, sandali, borse,
pellicce, collane, vestiti di seta, lanterne volanti,
campane per la buona salute…pacchi sempre più grandi,
uno sull’altro, che nessuno aveva voglia di aprire,
una collina mobile, fluida, ondeggiante.
Ai vicini non piaceva, ci sputavano sopra e lanciavano maledizioni.
Una notte se li divisero e quelli che non piacevano a nessuno
furono abbandonati sul fiume. La corrente portò via tutto,
in una sola notte. E lo depositò nel villaggio vicino.
Ciao Siri, disse lui. Sono tuo zio.
Zio quando zio come…non l’avevo mai visto.
O forse sì, ma allora non lo riconobbi.
Tua sorella è morta. Si è data fuoco.
Sorrideva, come fosse una buona notizia
per me che riempivo un cesto di gamberi.
Erano vivi e si contorcevano. Loro non volevano morire.
Ora tocca a te, perché tua madre ha bisogno di tutto
e devi provvedere.
Di che aveva bisogno ancora mia madre?
C’era la questione del debito.
Tutti i soldi che aveva preso per la vendita di mia sorella
chi li avrebbe mai restituiti?
Ci hai pensato? Devi occupartene tu, mi disse.
Venduta? Da mia madre? A chi? E perché era morta?
Stava scherzando, sì, di sicuro,
però entrai nel fiume e mi nascosi in mezzo agli altri,
bambini dalla pelle bruna, magri, stanchi, bruciati, tutti uguali.
Irriconoscibili. Così credevo.
Mio zio mi chiamò.
Guardai il fiume, il sole dietro al bosco di bambù.
Tutto quello che restava di me era un nome,
un retino per i pesci e un cesto di gamberi
che non volevano morire.
Vieni Siri, non aver paura, perché piangi?
Sei grande abbastanza per onorare chi ti ha messo al mondo.
E’ il tuo momento, Siri.
Mi trascinò via come fossi niente..
la bambina Siri… mai vista… mai esistita…
Bambina? Le donne nascono già donne,
vestite di seta, fiori tra i capelli, rosso sulle labbra.
Non piangere, sorridi.
Ti prenderanno subito, perché sei giovane e fresca.
Ti prenderanno finchè sarai sana e bella,
ti strapperanno la pelle come un cane
devi essere pronta, non avere paura,
soffrirai un po’ le prime volte, poi ci farai l’abitudine.
Sorella mia vieni a prendermi!
Andiamo da nostra madre, che guardi quello che ha fatto!
Mi ha portato via dal fiume,
dal sole e dall’aria infinita,
nel buio dell’inferno.
Sangue, bava, sputi e dolore infinito sul mio corpo di bambina
violata, strappata, trafitta, umiliata per giorni infiniti.
La mia anima se ne andò via, nel sogno,
a pescare a mani nude nell’acqua
che mi avvolgeva come una madre amorosa.
Luce e buio. Altri mille giorni.
Forse ho perso il conto…
Come stiamo bene, stiamo proprio bene
torno domani, non tornare mai più
che dici puttana, ti ammazzo.
Sono fuggita molte volte, mi sembra,
all’inizio ero così magra che scivolavo sotto la porta come un topo.
Cercavo la strada di casa, mi perdevo…
Quale casa? Chi mi aspettava?
Correvo, volavo, sentivo la terra sotto i piedi
e l’aria sulle mani,
ma forse anche quello era un sogno.
Mi riprendevano subito
e cercavano di farmi pentire in tutti i modi possibili.
(attacca l’ultima striscia e si siede all’interno del frigorifero)
Alla fine mi sono arresa.
Così ho fatto credere.
Così hanno creduto tutti.
Ritirata in un punto dentro di me
che nessuno poteva raggiungere.
Lentamente me ne andai a fluttuare
nell’assoluta immobilità:
Il dolore era sopportabile, oppure non gli badavo,
quel che restava della vita era un lontano sottofondo.
Aspettavo.
Sangue dolore bava liquami
scorrevano fuori dalla mia luce.
Diventai la star del bordello
la bambina magica che pagava il debito,
i regali a sua madre
e lavorava notte e giorno senza lamentarsi.
Aspettavo. Aspettavo…
All’improvviso accadde
Venne mio zio a dire che non ero più né fresca né sana,
potevo tornare a casa o morire per strada,
che poi è la stessa cosa.
Il debito karmico era chiuso
l’altro non si chiuderà mai,
ma di bambine ce ne sono tante… infinite.
Questo è l’ultimo regalo per mia madre.
Voleva un frigorifero per essere veramente felice
perché al villaggio tutti ne hanno uno, tranne lei.
Non le serve, non lo aprirà e lo dimenticherà presto,
ma sarà molto felice per tutta la durata della festa.
E quando i vicini se ne andranno
resteremo noi due, da sole,insieme…
anche se non lo saprà mai.
Lei, che non ha mai conservato niente,
per quel che le resta da vivere
conserverà Siri e la sua storia.
(si stringe nel frigorifero, ritirando le gambe sotto di sé)
Vi prego, sorelle,
chiudete e sigillate la porta.
e non piangete.
Oggi è giorno di festa
perché Siri torna a casa per sempre.
(Buio. Profondo sospiro)
fine
In teatro
Prossimi spettacoli
Nessuno spettacolo attualmente in programma
Spettacoli
Smarrirsi – Roma, teatro Trastevere, 2020. Regia di Paolo Perelli