Scena I
In clinica. Duras e Yann
Duras è seduta davanti a un tavolo: alla sua destra un piatto di minestra, a sinistra dei fogli bianchi. Su un sedia un mangiadischi di quelli usati negli anni ’70. Si sforza di impugnare una penna che le sfugge. Riprova molte volte, è scossa da un tremore. La penna si muove con estrema lentezza sul foglio.
Duras scrive Sono nata a Gia Dinh, un villaggio a nord di Saigon. Vivevo in un pensionato statale… lì mangiavo e dormivo… ma andavo a scuola fuori, al liceo francese.
La penna le scivola dalla mano. Cerca di riprenderla e cade a terra. Yann… Yann…
Imperiosa Yann! Mi aiuti, la prego… Cosa sta facendo? Non riesco ad alzarmi… Mi sente? Dopo 15 anni non so ancora se lei è sordo o soltanto stupido…
Urla Yann!
Yann entra e cerca di sollevarla.
Infermiera!
Duras Non chiami, non ho bisogno di nessuno, mi è solo caduta la penna… Non riesco a tenerla in mano…
Yann la sistema a sedere È normale.
Duras Cosa è normale?
Yann Nelle sue condizioni… Dovrebbe stare a letto.
Duras Non sono malata… perché devo stare a letto?
Yann Cerchi di mangiare… su… il dottore ha detto che deve nutrirsi.
Le porge un cucchiaio di minestra.
Duras apre la bocca quasi meccanicamente guardandolo fisso, succhia il liquido e glielo risputa sul viso. Fa volare il piatto lontano.
Yann si china per raccoglierlo.
Duras lo trattiene con rabbia Fermo! Non è questo che lei deve fare!
Yann l’afferra per la gola, la stretta si trasforma in carezza. Non si capisce quali emozioni siano presenti tra i due. È tutto indefinibile e mutevole.
Duras respira a fatica, esageratamente È inutile andare avanti in questo modo. Lo capisce anche lei… Anzi se ne vada subito, facciamola finita.
Yann , indifferente, mette un disco.
Duras Tolga quel disco, mi stia a sentire. L’errore è stato fatto 15 anni fa. Non dovevo farla entrare in casa mia. Sarà stato a spiarmi per chissà quanti giorni…
Sapeva che mi addormentavo in giardino sotto le foglie secche e non sentivo più niente, come fossi morta…
Yann la fa alzare dolcemente, la costringe ad accennare qualche passo al suono della musica e poi ballano abbracciati dimentichi di tutto.
Duras Lei ne ha approfittato. Ha approfittato della mia innocenza… È così, non finga di non sapere.
Si strappa all’abbraccio.
Yann continua a ballare.
Duras È inutile, lei non sa ballare da solo, da solo non può fare niente. Si rassegni. Lei è uno scroccone come tanti… credono di poter fare quello che vogliono… che Duras sia a disposizione… Telefonano, scrivono: sarò da lei alle 16 per fare l’amore. Rimangono sdraiati davanti alla mia porta per giornate intere, aspettando che io apra… Ecco, vada via, perché se è venuto per fare l’amore, ha scelto il momento sbagliato…
Pausa.
Crede di essere qualcuno solo perché mi dà la sua schifosa minestra… E se poi fa tutto per l’eredità, allora veramente perde il suo tempo. Lei pensa: ora è il mio turno, ho messo le mani sulla Duras, sulla piccola miniera d’oro. Ho risolto i miei problemi con la vita materiale. Ma si sbaglia, quando morirò lei non avrà niente… un niente che sarà comunque moltissimo, il suo nome legato al mio, più di mio figlio, più dell’amante cinese, più di mia madre…
Potrà vendersi a chi vorrà sapere come mi accarezzava… come riusciva a eccitarsi spogliando una vecchia alcolizzata. Lei potrà vivere solo di questo, se lo ricordi. Nessuno vorrà ascoltare la verità fino in fondo…
Ma la prego… la prego… lei dovrà insistere, dovrà dire che ha amato una bambina abbandonata insieme ai suoi fratelli perché la madre doveva costruire una diga contro il Pacifico… no, anzi, dica soltanto: io amavo quella bambina, era la mia preferita, la mia piccola straniera, venuta da un paese di morte… il più crudele che si possa immaginare… Yann… Mi chiami per nome… Non l’ho mai sentita pronunciare il mio nome…
Scandisce sussurrando Marguerite…
Gli va vicino, gli accarezza i capelli Su, ci provi, lo faccia per me… cosa le costa…
Yann la respinge Sono stanco, ho bisogno di dormire.
Duras Se io non avessi scritto mai niente lei mi potrebbe amare? Se io non fossi la Duras… se non avesse mai letto un mio libro… se il mio cognome le fosse indifferente… la mia storia sconosciuta… potrebbe stare qui a badare a una vecchia?
Yann Se lei è Duras, come posso pensarla non Duras?
Duras lo schiaffeggia Cosa sei venuto a fare , idiota! Vattene da casa mia subito! Non tornare più!
Cerca di graffiargli il viso.
Yann la ferma, torcendole i polsi, senza tradire emozioni.
Duras cade a terra urlando No… lasciami… chiamo la polizia… Assassino! Infermiera! Basta… basta così… domani racconterò ai giornali che lei mi massacra… farò vedere i lividi… domani verranno a prenderla… la riporteranno nel buco da dove è venuto… Faccia la sua valigia e fuori di qui! Sono stufa di vivere con un ritardato mentale… questa vita così stupida, insieme a lei… devo cambiare uomo alla svelta prima che sia troppo tardi…
Si tocca la fronte. Sangue… mi ha ferito, mi ha spaccato la testa… domani sarò morta… lei è un omicida… l’assassino della Duras… Ma almeno sarà finita una volta per tutte…
Si ripiega su se stessa. Non si può sempre aspettare la morte, bisogna andarle incontro… in tutti i modi possibili. Vino, presto! Si muova!
Yann prende una bottiglia e due calici. Le serve il vino.
Duras accetta e beve d’un fiato, avidamente. Lo guarda sorridendo come se non fosse accaduto niente.
Avrebbe potuto fare il barman, è un lavoro che le si addice, ha il portamento giusto…
Yann La prima volta che ho letto un suo libro ero uno studente…
Duras Non credo che lei abbia mai studiato niente… niente di serio, voglio dire.
Yann Ho passato molte ore a riscrivere il suo nome… Marguerite Duras, oppure M.D. o D.M… in corsivo, in stampatello… cercavo il suo segreto nel rapporto di quelle lettere… pensavo che fossero messe insieme da una predestinazione… Per anni le ho scritto ogni giorno… e aspettavo una risposta… anche una sola parola che venisse da lei… dal calore della sua mano…
Duras Se lei avesse letto veramente i miei libri non si sarebbe aspettato niente.
Yann È che sono un ingenuo.
Duras Non credo, avrà fatto i suoi calcoli.
Yann Quando ho trovato il coraggio sono venuto qui… e lei mi ha fatto entrare.
Duras Mi faceva pena.
Yann Le piacevo.
Duras Non si faccia illusioni. Lei è un uomo qualunque, le ho dato un letto per dormire finchè non trovasse una sistemazione… Ma la sua indecenza non ha limiti: si è preso la casa, la mia libertà, il bagno, la lista della spesa, i miei libri passati e quelli ancora da scrivere. Lei ha posto un’opzione su tutto, senza pensare che un giorno o l’altro la sbatterò fuori. Non ho doveri nei suoi confronti.
Tende il bicchiere Su, mi dia da bere. E poi voglio lavarmi i capelli… con questo caldo bisogna bagnarsi spesso, non c’è altro rimedio. Era un’abitudine di mia madre. Contro le malattie, i demoni, i vermi, il malocchio, la paura… Era il solo rimedio che conoscesse… L’acqua pulisce ogni male… ogni sofferenza…
La prego, mi lavi i capelli…
Yann mima l’azione di versare l’acqua e massaggiare la testa con movimenti dolci e sensuali.
Duras chiude gli occhi sospirando e sembra lasciarsi andare.
Yann canta sottovoce Quand il me prend dans ses bras
Qu’il me parle tout bas
Je vois la vie en rose…
Duras canta con Yann Il me dit des mots d’amour, des mots de tous les jours…
Lei sa accarezzare… è una qualità rara, ma non so come potrebbe esserle utile nella vita pratica…
Yann mima l’azione di versare una grande quantità d’acqua sui capelli.
Duras Ah, l’acqua, la grande madre, inizio e fine dei nostri tormenti, l’amante infinita… ancora, la prego…
Yann esegue.
[Sul fondale, prima sfocate, poi nitide, immagini del Vietnam, delle rive del Mekong, risaie, contadini al lavoro, un paese indefinibile tra presente e passato, un luogo della memoria e della concretezza]
Duras Io non posso ricordare… ma non posso dimenticare…
Sono nata a Gia Dinh, un villaggio a nord di Saigon… è lì che mi hanno fatto nascere… I miei genitori erano venuti in Cocincina come insegnanti della missione francese, quando era iniziata la scolarizzazione dei bambini indigeni.
[Fotografia]
Abitavamo nella reggia del re di Cambogia… abitavamo in una specie di teatro di cartapesta, dentro le tenebre di una foresta che ci assediava togliendoci aria e luce… e che di notte strisciava sotto le porte per guardarci dormire… tutti insieme… tremanti di paura.
Marguerite Io sono nata dove si muore… ma ho saputo resistere a quella morte, perché ero una bambina lieve come il vento, senza ombra, senza corpo…
[Foto di Marguerite bambina]
Con i miei due fratelli restavamo da soli a giocare sulle rive del fiume Mekong… quando mio padre se ne andò a morire a Parigi, mia madre rimase a guardare l’acqua per giorni… dimenticò i suoi bambini… li abbandonò al fiume… lei era come persa sulla lunga linea dell’orizzonte dove lui era scomparso per sempre… noi tre abbandonati nell’acqua… la nostra pelle francese divenne bruna mentre imparavamo a parlare cinese, a pensare in cinese… C’era una specie di vergogna su noi… per giustificare il nostro abbandono. Eravamo figli della maestra francese e forse dell’amante di una notte… così si diceva… di qualcuno venuto dalla notte e dal fiume… così si diceva di noi… poi all’improvviso nostra madre smise di guardare l’orizzonte e tornò a casa.
[Musica La vie en rose di Edith Piaf, mentre continuano a scorrere le immagini del Vietnam]
Buio su Yann e Duras.